Se una notte d’inverno un viaggiatore, di Italo Calvino. RECENSIONE

A cura di Zar@

Amiche e amici, ci siamo presi una pausa: ne sentivamo il bisogno. Come sapete, spesso gli impegni si accavallano e il tempo della bellezza si perde dentro il tempo della vita.

Abbiamo deciso di riprendere il nostro percorso immaginifico da questo splendido romanzo, immancabile tra le letture di chi ama leggere e non vuole perdersi i classici della letteratura. Del resto il libro è proprio di questo che parla: la lettura.

Questo romanzo è sorprendente e geniale, secondo il tipico virtuosismo compositivo di Italo Calvino. Sembra voler cogliere un ounto di vista inafferrabile per uno scrittore: quello del lettore. Sembra voler convogliare nel testo, ad un tempo, la storia che ha in mente e quella del lettore.

Sembra parlare di te, il libro. Delle tue aspettative e della tua inafferrabilità di lettore, immaginando un mondo in cui la finzione è la sola verità possibile.

Il racconto è una successione di titoli di altrettanti romanzi interrotti proprio sul più bello, in circostanze sempre più misteriose, nelle quali rientra una congiura internazionale e trova spazio anche l’amore tra due lettori alle prese con questo strano inseguimento di un libro che cambia faccia continuamente e che manca di un finale.

Finale che poi è sempre lo stesso: il matrimonio o la morte dei protagonisti, vale a dire la continuità della vita o l’ineluttabilità della morte.

Non ci si stanca di ricominciare da capo, ad ogni romanzo interrotto, perché Calvino sa accendere il desiderio di sapere come andrà a finire, nonostante emerga sempre più chiaramente la consapevolezza che non lo saprai mai. È un narratore abile nell’intrecciare la storia dei mille romanzi interrotti, quella dei lettori e la tua. Consigliato!

Così eravamo, di Francesco Guccini

A cura di Zar@

Che emozione ricevere la copia autografata da uno dei tasselli della mia adolescenza e giovinezza, il mio cantautore preferito.

Così eravamo, il nuovo libro di Francesco Guccini, edito da Giunti, lo racconta per raccontare un mondo che è stato e non è più. Un mondo di rinata speranza, che edifica, sopra le macerie della Seconda Guerra Mondiale, una società e un’umanità nuova.

Il focus è su una regione, l’Emilia, che come tutte oscilla tra l’austero polo sovietico e lo sfavillante polo americano, con il primo come promessa di riscatto egualitario e il secondo come forza irresistibile che si traduce in nuove danze e mode musicali, ad assecondare il bisogno di sorridere ancora alla vita.

Il libro racconta di persone e cose che segnano la tua vita e poi si perdono, inghiottite dal tempo che passa e non ritorna. I compagni di strada, gli oggetti rubati alla memoria di una serata speciale, gli operai della musica, le balere, gli amori arraffazzonati e quelli sognati, la vita che passa,  come tutto e più di tutto, per chiudere il cerchio in un nostalgico “così eravamo”.

Leggere Guccini è sempre interessante, perché svela un sogno diventato realtà a piccoli passi, con un po’ di fortuna e poche pretese, in un contesto originariamente semplice, ma genuino, tra persone che non sapevano leggere la musica, ma la facevano bene.

Questo libro non ha grandi attrattive, se non si è curiosi dell’autore e del suo tempo. Però si legge facilmente e con piacere.

La scomparsa di Majorana, di Leonardo Sciascia: recensione

Redazione

Chi era Ettore Majorana? Un genio della fisica del calibro di Galilei e Newton, a detta di Enrico Fermi. La sua scomparsa, all’età di 31 anni, durante il viaggio tra Palermo e Napoli, apre diversi scenari e lascia mille interrogativi senza alcuna risposta.

La polizia, sembra sostenere Sciascia nel suo libro, letto da noi nell’edizione Gli Adelphi,  liquida il caso con l’ipotesi di allontanamento volontario e suicidio, avallata da una lettera ai familiari che comunica tempi, luogo e modi. Tuttavia, la famiglia non crede al contenuti della lettera e sollecita una pronta ricerca dello scomparso, mobilitando anche porsonaggi di spicco del regine fascista, come il grande filosofo e ministro Giovanni Gentile. Lo stesso duce avrebbe espresso il desiderio che venissero approfondite le ricerche.

Sciascia scrive un libro in cui la scrittura pulita e raffinata e la partecipazione emotiva, in altre parole la componente letteraria, si mescola alla cronaca e alla ricostruzione storica, passando per la riflessione filosofica sul presente della scienza, sul suo sviluppo e sulle sorti del mondo ad esso legate.

Majorana si è davvero tolto la vita? Troppi particolari sembrano contraddire questa tesi. C’è dietro la mano di qualcuno? Oppure lo scienziato-filosofo, intuendo le conseguenze per l’umanità di uno sviluppo della scienza sganciato dell’etica, ha deciso di abbandonare il campo prima che si concretizzasse davanti ai suoi occhi l’incubo iniziato con le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki?

Dal testo emerge il lato scientifico, intuitivo e creativo di Majorana, ma anche quello umano, schivo, riflessivo e dalla forte personalità. Il fisico teorico faceva fatica a lavorare con Fermi e i ragazzi di via Panisperna, mentre andava d’accordo con Heisemberg, del quale aveva anticipato una importante scoperta, mostrandosi riluttante alla pubblicazione della ricerca.

Competizione e distanza filosofica, facevano di Majorana un genio apprezzato, ma non integrato nel gruppo di ricerca che avrebbe dato un contributo decisivo al progetto Manhattan. Un genio indipendente e sfuggente, la cui fuga definitiva è ancora avvolta nel mistero.

Il libro merita per la scrittura appassionata e le profonde riflessioni etiche sulla scienza che risultano molto attuali.

Il nulla e la poesia. Alla fine dell’età della tecnica: Leopardi, di Emanuele Severino. Recensione.

A cura di Redazione

Il saggio di Emanuele Severino rappresenta una lucida e appassionata interpretazione filosofica della poesia di Leopardi, il quale vedeva nell’alleanza tra poesia e filosofia l’ultimo rifugio della natura e la suprema elevazione dell’uomo di fronte alla nullità del tutto.

La potenza con cui si coglie e si sente la morte, nelle opere di genio, restituisce all’anima una temporanea quanto illusoria vitalità che è anche amore per l’uomo, ancora di salvezza in un contesto di distruzione che la rende impossibile. Il divenire che produce e annienta ogni essente, lascia in essere quel fiore profumato, la ginestra leopardiana, per il tempo che basta a consolare il deserto che rappresenta la verità dell’esistenza, in attesa dell’esplosione del nulla.

Il pensiero di questo sublime poeta, anticipa Nietzsche con il suo nichilismo, andando oltre il Nirvana schopenhaueriano, per segnare il tramonto della fede occidentale nelle menzogne salvatrici, da dio al paradiso promesso dalla Tecnoscienza.

Non c’è salvezza possibile, sembra ribattere Severino, ma solo angoscia e disperazione, senza la consapevolezza dell’errore logico che, da Eschilo in poi, ha alimentato la fede occidentale nel supremo divenire che inghiotte ogni essente. La salvezza non è illusione, ma verità. Una verità non colta, ma incarnata dalla potenza dell’illusione ultima della poesia.


Il grande filosofo ha la capacità di rendere affascinante e poetica l’analisi di ciò che rappresenta l’opposto dell’analisi, la parola poetica. Pertanto, consiglio questo libro di Severino a tutti, in particolare agli amanti di Leopardi e della poesia, a coloro che subiscono il fascino e la forza ammaliatrice della filosofia.

I diritti delle opere citate sono dei rispettivi proprietari.

Caino, di José Saramago: recensione.

A cura di Redazione

Saramago scrive un romanzo breve e snello, avventuroso e tendenzialmente filosofico, anche se in esso prevale l’aspetto letterario che lo rende accessibile pur nell’altezza delle questioni trattate.


Caino è l’altro. Dei due fratelli, il non prediletto da Dio, il quale ha appena creato la prima progenie umana. Il gesto esecrabile, che lo marchierà indelebilmente, vale.a dire l’uccisione del fratello Abele, lo porterà verso un lungo viaggio, sia nello spazio-tempo biblico che nella propria interiorità umana, alla scoperta dei lati più controversi del racconto dei racconti.

Si affrontano, in modo semplice, lontano dalle vette filosofiche e teologiche, talvolta semplificando un po’ troppo, i temi complessi ed eterni del bene e del male, della giustizia e dell’ingiustizia, dell’amore e dell’odio, fino al tema del rapporto tra fede e ragione (o scienza), nel contesto più ampio del rapporto tra uomo e dio.

Nell’imperscrutabiltà del disegno del dio biblico c’è l’incomunicabilità tra la divinità e la sua creatura, che faticano a capirsi reciprocamente.

Attraverso i personaggi più noti dell’Antico Testamento e le loro vicende, avvincenti quanto controverse, si dà una lettura critica delle Scritture e dell’intera religione, in un percorso che conduce Caino se non ad una giustificazione, quanto meno ad una sorta di spartizione di colpe.


Nella prospettiva dello scrittore portoghese, tra uomo e dio, creatore e creatura, in fondo, non sembra esserci questo enorme abisso.

La vendetta di Caino sarà quella dell’umanità asservita ad un dio che deve, ma non può, essere ucciso.

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Il figlio sbagliato, di Camilla Läckberg: recensione

Redazione

Il figlio sbagliato, romanzo di Camilla Läckberg, è stata una lettura agevole, intrigante e piacevole.

Questa scrittrice svedese di gialli, tra le più lette al mondo, rappresenta una scoperta interessante. Non colpisce tanto la scrittura,  lineare e semplice, diretta, ma non fuori dall’ordinario, quanto la capacità di raccontare storie che catturano il lettore, generando una certa suspense, dall’inizio alla fine.

Gli ingredienti sono quelli della società attuale, fluida e dedita alla carriera, al lusso e alla mondanità. Una società (e una letteratura) che vuole apparire tollerante, ma che pesca nel torbido e nel pruriginoso allo scopo di destare curiosità e interesse.

La vicenda, su cui indaga la coppia composta dalla scrittrice Erika Falck e Patrik Hedström, riguarda un gruppo di intellettuali libertari della Stoccolma alto-borghese che gravita intorno al Blanche, locale esclusivo per giovani talenti delle varie arti. L’approccio alla cultura della compagnia è orientato al successo e viziato da scandali di varia natura. Il denaro e le amicizie importanti la fanno da padrone e anche l’amore si sgretola, con due sole semplici e genuine eccezioni, di fronte alla paura di perdere la propria posizione sociale.

Il libro narra di due omicidi efferati, inspiegabilmente collegati tra loro, cui fa da sfondo un terzo, datato primo anni Ottanta e maturato nel complesso mondo trans. Gli unici indizi sono le foto misteriose di un affermato fotografo, ucciso prima di una mostra rivelatrice delle menzogne su cui il gruppo di amici aveva costruito la propria esistenza e il proprio successo, insieme ad una camicia sporca di sangue.

La verità lascia un piccolo barlume di speranza, che fatica a splendere dato che in questa storia nessuno può dirsi innocente.

Da leggere!

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I classici di Eikasia: Il giorno della civetta, Leonardo Sciascia. Recensione

A cura di Redazione

La mafia non esiste, tuonano politicanti e uomini d’affari. È una pura invenzione, ripetono coloro che con la mafia sono legati a doppio filo.

Il giorno della civetta, un classico di Leonardo Sciascia, riluce di un tempo attuale che si legge al passato solo nei nomi dei partiti, dei leader, nell’ assenza di quella tecnologia che oggi permea ogni azione umana.

Per il resto, in questa bellissima opera ci sono due mondi apparentemente lontani ma intersecati: il nord e il sud. Con la linea della palma, vale a dire degli investimenti malavitosi, che si sposta sempre più dall’uno all’altro, sia pure impercettibilmente.

Questo libro racconta molto più della mafia siciliana, della storia e della cultura di questa splendida isola che sa di mare, di arte e di classicità. Racconta ben altro che la questione meridionale e l’eterna partita a scacchi tra guardie e ladri, carabinieri e mafiosi, con la politica come sottofondo ideologico e asso nella manica di chi fa dell’illegalità una garanzia di potere e ricchezza.

Descrive l’intero Paese, la sua transizione dalla repubblica di Salò alla democrazia ritrovata, dalla guerra al boom economico, unita nella cultura del malaffare, che tutti pensano lontano, in un altrove quasi mitologico.

Omertà a sud e mitizzazione del fuorilegge a nord, tra le ragazze alla moda che compiangono e invidiano le donne siciliane, non sono che facce diverse della stessa medaglia. L’Italia è una e mafiosa, sembra dire Sciascia, con una scrittura limpida e alta. Lo è soprattutto ai piani alti, tra la gente che conta.

Eppure di mafia in Sicilia si muore ammazzati e a nulla valgono l’impegno e l’ingegno di chi ancora crede nella legalità.
Eppure la mafia fa di questo Paese tutto ciò che potrebbe non essere, date le sue enormi potenzialità.

Una via di mezzo tra un romanzo d’inchiesta e un poliziesco, questo libro va letto a tutti i costi, anche nel 2024, soprattutto nel 204. Parla di noi e dice ancora tantissimo.

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L’anno della morte di Riccardo Reis: recensione del romanzo di Saramago

Redazione

Le idee di Saramago sono sempre geniali, c’è poco da dire. La scrittura è potente, accessibile, come un persona alla mano che ti giunge familiare, ma al tempo stesso profonda, esistenziale, a metà strada tra il poetico e il filosofico.

L’anno della morte di Riccardo Reis è sia il titolo che il protagonista del libro, con tutte le vicende personali del personaggio, alter ego di Fernando Pessoa, e quelle storico-politiche dell’Europa del 1936. La Seconda Guerra mondiale si avvicina e in Portogallo si respirano le premesse ideologiche e fattuali dell’immane nuova catastrofe. Il culto nazionalista di Salazar e la caccia alle streghe contro i cospiratori comunisti, la conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia Fascista, le prime mosse di Hitler nello scacchiere europeo e la guerra civile spagnola, verso il regime Franchista, fanno da sfondo alla vita non vita di Riccardo Reis, alle sue avventure amorose e sessuali, ai suoi versi antichi, allo scambio di riflessioni sulla vita e sulla morte con il suo defunto creatore, il poeta Pessoa.

La vita di Riccardo Reis scorre lenta e senza un reale scopo, vagando raso terra, come lo spirito dei poeti.

Rientrato dal Brasile, non ha bisogno di un lavoro, sebbene operi come medico in sostituzione di un suo collega per un breve periodo. Vive a lungo in un Hotel dove si lega clandestinamente ad una cameriera, prima di trovare casa. Quando sfiora l’amore, accade con una donna troppo giovane, con un deficit fisico e lontana che non è intenzionata a ricambiarlo.

Più che vivere assiste alla vita, propria e altrui, per  rimettersi alla sua naturale conclusione, non appena i fatti eclatanti dell’anno in corso si compiono, ancora una volta senza il suo concorso attivo.

Unito nel destino al poeta che gli ha dato i natali, ne rappresenta l’ombra visibile. Ciò che il primo non ha saputo dargli, una vita tra la poesia e la prosa, si materializza grazie alla penna sempre suggestiva di Saramago.
Consigliato per la malinconica spontaneità che lo caratterizza e per il dialogo a distanza con il grande Fernando Pessoa.

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Se il lavoro si fa poesia: a scuola con gli scrittori Giuseppe Cristaldi e Oliviero Malaspina

A cura di Zar@

Sabato 24 febbraio 2024, gli alunni della 3A del liceo scientifico “Michelangelo Pira” di Siniscola, in Sardegna,  incontreranno Giuseppe Cristaldi e Oliviero Malaspina, autori del libro Drammaturgia degli invissuti, pubblicato nel 2019 da Fallone Editore.

Giuseppe Cristaldi è uno scrittore e drammaturgo salentino, residente in Sardegna, mentre Oliviero Malaspina è un cantautore, poeta e scrittore pavese, conisciuto anche per essere stato il coautore di Fabrizio De Andrè per i Notturni, l’ultima opera del cantautore genovese rimasta inedita. Entrambi gli autori, nel corso della loro carriera, hanno ricevuto importanti riconoscimenti e dimostrato sempre grande sensibilità per i temi sociali.


La presentazione del libro sarà l’occasione per un dibattito sul tema del lavoro dignitoso e in sicurezza per tutti, nel quadro di uno sviluppo sostenibile. Il progetto di Educazione Civica e PCTO, giunto alla sua seconda edizione, riguarda temi e problemi che sembrano non avere una soluzione, dal momento che le cronache abbondano di incidenti sul lavoro, malattie professionali, morti che sono legati non tanto all’impossibilità di azzerare il rischio, quanto all’incuria, alla superficialità e alla smania di profitto che si unicono ad una consapevolezza non piena da parte degli stessi lavoratori. Ammettiamolo: non se ne parla abbastanza. Il lavoro è una cosa che riguarda tutti in qualche modo ed è ancora un diritto per la nostra Costituzione, ma non ha lo stesso appeal di altre questioni. La voce del Papa è una delle poche che insistono sulla correlazione tra lavoro e dignità umana. E quanta coscienza abbiamo del disastro ambientale che segna indelebilmente tante aree geografiche del nostro Paese e del mondo?

Gli alunni del “Pira”, coordinati dalla prof.ssa Traccis, hanno lavorato su alcuni estratti del libro, relativi a queste tematiche.

Tuttavia, Drammaturgia degli invissuti racconta  degli ultimi e dei marginali, che vivono una vita che stride con questa definizione o che la perdono in circostanze estreme. 

In 18 sezioni, Malaspina e Cristaldi narrano storie ambientate nel nord e nel sud Italia, alternando la poesia e la prosa, un po’ come fa la vita stessa. Sofferenza e dolore si mescolano a bellezza e speranza in un nuovo e diverso epilogo.

Gli alunni saranno protagonisti di tutte le fasi dell’organizzazione dell’evento, allo scopo di promuovere competenze trasversali utili per un orientamento realmente formativo, nel quadro di una scuola che educa attraverso la Cutura.

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Baudolino-Umberto Eco: recensione

A cura di Zar@

Ansia mista a frustrazione. È lo stato d’animo con il quale ti accingi a “recensire” un gigante come Umberto Eco, senza sembrare uno di quegli “imbecilli”, a cui il web ha dato voce, di cui amava parlare questo grande filosofo, semiologo e scrittore.

Dirò una cosa semplice: romanzo storico, ambientato nel Medioevo,  nell’Italia padana dei tempi di Federico Barbarossa, per spaziare verso Costantinopoli e l’Oriente magico e misterioso, che val la pena leggere.

I diritti delle opere citate sono dei rispettivi proprietari.

Vale la pena essere pazienti, scorrere le tantissime pagine, lasciarsi provocare e stupire, ma al tempo stesso istruire da Eco e dal personaggio principale del libro, il furfantello, geniale e creativo quanto bugiardo, che Federico I aveva eletto a suo figlio.

C’è dentro e dietro la storia dei conflitti tra l’imperatore e i comuni italiani del nord, ma c’è anche tanta fantasia che si intreccia a mito e leggende più o meno note, come quella del Santo Graal. Una storia filtrata dalle menzogne ben congeniate di Baudolino, talmente inverosimili da essere convincenti e appassionanti, sempre con un filo di ironia a dare sapore a tutto.

Leggete dunque, pazientate e godete di un racconto corposo e avvincente, tra storia, immaginario e immaginazione. Consigliato.